Trovo i quadri di Leonora Carrington inquietanti, con una loro geniale e meravigliosa armonia. Lei è stata anche scrittrice di racconti e romanzi. Verso la fine del suo libro “Il cornetto acustico” (1974), ero piuttosto confusa dalle situazioni assurde che si susseguono nella storia.
Leonora Carrington è stata una pittrice surrealista inglese, vissuta per la maggior parte della sua vita a Città del Messico. Nata nel 1917 nel Lancanshire, in una famiglia ricca il cui benessere proveniva dall’industria tessile, cresciuta con educazione cattolica, si è ritrovata all’età di diciannove anni a Parigi a contatto con il mondo artistico della città.
In un documentario sull’artista del 1992, un suo cugino ha detto che quando vide i suoi quadri fu colpito dalla loro bellezza, “stricking beauty”, ma che non li avrebbe comprati. Ha detto che durante l’infanzia era stata influenzata dalla bambinaia, irlandese. “You know what the Irish are?” ha aggiunto poi, “fey” - pazzo, caratterizzato da aria ultraterrena.
La madre di Leonora era irlandese e ogni tanto dipingeva per occasioni di beneficenza. In un’altro documentario, Leonora ha detto all’intervistatrice che non troverà le ragioni del suo talento artistico nei legami familiari. Secondo lei, un certo tipo di talento non è dato capire da dove provenga e non è possibile spiegarlo.
Quando il padre di Leonora Carrington seppe che lei, in Francia, era in una relazione con il pittore Max Ernest e voleva fare l’artista, le ingiunse di non mettere più piede nella casa di famiglia e le disse che sarebbe morta in povertà. Leonora Carrington non fece più ritorno nella casa, ma mantenne la relazione con sua madre. Relazione che, più tardi, rimpianse di non aver coltivato maggiormente.
Anche la bambinaia, Mary Kavanaugh, era irlandese e raccontava storie pagane di origine celtica per farla addormentare. Leonora è cresciuta in un castello gotico con torrette, statue e vetrate con disegni di uccelli. Da bambina fu espulsa da due scuole; in un caso le suore dissero che la bambina non cooperava. Da adulta, Leonora disse che in queste scuole “ti insegnano a odiare te stessa”.
Il castello in cui ha vissuto la sua infanzia, nel Lancanshire, è stato demolito. Era enorme; tante ombre nei larghi corridoi e sotto i tanti archi. In un suo dipinto lei fugge come un fantasma da questa casa. Per l’autrice Marina Werner, Leonora viveva i margini della casa, quelli abitati dalle donne e dal personale di servizio.
Leonora disse più tardi che era vero, lei era allergica alla cooperazione. Fa pensare a quanto questo possa rappresentare l’attitudine forse avuta da suo padre, data la ricchezza posseduta, ma che mal si addiceva, secondo i costumi dell’epoca, a una bambina e a una giovane donna. Quattordicenne, fu spedita a studiare a Firenze, città di cui adorò i colori che la influnzarono poi come pittrice.
Ispirandosi al ballo di debutto in società organizzato in suo onore, scrisse il racconto di una ragazza che complotta con una iena per cederle il posto all’importante ballo. Disse più tardi, rispetto a questo racconto, di non sapere se era più assurdo che una donna si vestisse come una iena o che un’umano dovesse vestirsi come una donna.
Arrivata a Parigi, Leonora da potenziale musa diventa compagna del pittore surrealista Max Ernest. Leonora racconta di non essersi mai sentita musa, ma creatrice, parte di un progetto artistico. Chi si ritrovava a fare da musa, finiva anche per lavare i piatti, racconta Leonora decenni dopo.
Il surrealismo inizialmente non includeva le donne come creatrici e, secondo la pittrice, gli uomini che facevano parte del movimento le consideravano “elementi irrealistici e passivi”. Sono state tante le donne che poi hanno abbracciato questo movimento, molte non hanno ancora avuto il meritato riconoscimento.
Oltre alle più note Dora Maar e Dorothea Tanning, per citarne alcune menziono: Meret Oppenheim, Eileen Agar, Leonor Fini, Rita Kernn-Larsen, Remedios Varo.
Leonora Carrington racconta di come tra i surrealisti lei non doveva cercare di “fit in”, adattarsi. Era molto giovane e stava vivendo un momento esaltante in un contesto artistico estremamente vitale e innovativo, quando il nazismo si abbatté con distruzione e morte sull’Europa.
Quando i nazisti presero potere in parte della Francia, Max Ernest venne arrestato e internato in un campo di lavoro. Lei rimase sola nella casa in cui vivevano e che avevano adornato di dipinti. Intorno, il nazismo sta conquistando l’Europa.
Forse è un modo per liberarmi di questo secondo padre, pensò allora Leonora di Max, ventisei anni più anziano di lei. Lei non sapeva dove era stato portato e alcuni amici le suggeriscono di scappare a Madrid.
Qui venne internata in un ospedale psichiatrico. Fuggire dai nazisti per ritrovarsi in un ospedale psichiatrico è piuttosto surreale. La famiglia inviò la bambinaia irlandese tramite un sottomarino in Spagna per vedere cosa stava succedendo. La bambinaia riuscì a portarla via dal manicomio.
Oltre ad essere stato un periodo caratterizzato da totalitarismi a livello statale, negli anni quaranta esistevano ancora istituzioni violente e, appunto, totalitarie come i manicomi. Leonora Carrington è stata probabilmente sottoposta a quella che veniva considerata una shock therapy farmacologica: una medicina chiamata Cardiazol.
Prima ancora che venisse creato l’elettroshock, alcuni medici diffusero in ambito psichiatrico l’uso di questa medicina, ideata per gestire problemi di cuore. All’epoca la ricerca medica, che spesso avveniva testando medicine sui pazienti, poteva essere piuttiosto imprecisa. Informazioni importanti rischiavano di essere omesse mentre si evidenziavano principalmente i successi.
Purtroppo questo può avvenire, con formule metodologiche e discorsive diverse, anche oggi. Il Cardiazol generava delle crisi convulsive che si riteneva potessero aiutare chi soffriva di disturbi di natura psichica. Questa concezione risulta da tempo datata e problematica, inoltre l’uso di questa medicina portava con sé una serie di rischi sia fisici che mentali.
I pazienti potevano cadere per le convulsioni (i medici dovevano reggerli) andando incontro al rischio di fratture. Alcuni morivano e questo veniva considerato un rischio accettabile da correre. Inoltre, la salute mentale di certo non migliorava, e sembra che tra gli affetti collaterali potessero esserci le allucinazioni. Per non parlare dei traumi che una tale relazione umana entro il sistema medico poteva creare.
Questo tipo di pratiche sono oggi giustamente considerate forme di tortura. I manicomi erano istituzioni di controllo sociale, in cui spesso le persone si ritrovavano anche per motivi sociali, come i bambini poveri e orfani che non si sapeva dove altro portare.
La questione aggiuntiva è che queste pratiche oggi considerate violente potevano essere messe in atto con intenzioni positive, di aiuto, da parte del personale medico, ma anche con l’intento di controllare i pazienti.
Nel mezzo si trovava poi un’area grigia in cui i medici cercavano di “sconfiggere” la malattia mentale, vista come un “nemico da estirpare” - interessante in contesto di nazismo e guerra mondiale. Per farlo, potevano distruggere il corpo del paziente con l’intento di liberarlo. Una follia istituzionale.
Leonora Carrington racconta che l’arrivo del nazismo ha significato per lei dover fare i conti con la propria mortalità e la brutalità della realtà. Dice di aver poi fatto uso di questa esperienza. Chissà come la bambinaia sia riuscita a salvarla; una famiglia meno ricca non avrebbe comunque potuto avere lo stesso potere nei confronti dell’istituzione psichiatrica.
Per il suo libro “Down Below” (1972), Leonora si è ispirata all’esperienza della tragedia europea della seconda guerra mondiale, al suo personale crollo emotivo e mentale e alle violenze vissute nel manicomio.
Il surrealismo è stato una grande ribellione ad un mondo caratterizzato da istituzioni terribili e totalitarismi. Il sogno veniva visto come fonte d’ispirazione, spazio liberatorio e portatore di un’altra forma di conoscenza. Leonora rimarrà sempre fedele a un certo modo di fare arte. Nelle interviste si ritrova a ribadire come l’arte non vada intellettualizzata.
In particolare, afferma che il mondo visivo funzioni in un altro modo e analizzarlo troppo le precluderebbe il potere di creare.
Leonora riuscì a fuggire in Messico grazie a un diplomatico. Il Messico all’epoca accoglieva rifugiati politici europei.
Il surrealista Andrè Breton considerava il Messico come il luogo surrealista per eccellenza. Gli europei e i surrealisti ne erano affascinati per la commistione di elementi non europei e spagnoli. Frida Kahlo era un po’ scettica sulla definizione di Breton: “non sapevo di essere surrealista finché non me lo ha detto Breton”, sembra aver detto una volta.
Appena arrivata in Messico, Leonora ha capito che si trattava di un luogo “hunted”, spiritato.
Durante il documentario della BBC del 1992, Leonora prende delle gocce, qualche psicofarmaco, davanti alla telecamera e afferma che le prende per “scacciare i demoni”. Quali demoni? Chiede una persona da dietro la camera. Prendo le gocce per non sapere quali sono, risponde lei con ironia. Se cambierò stato vuol dire che le gocce non hanno funzionato, aggiunge.
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In Messico Leonora contintò a dipingere potendo esplorare, creare e rappresentare il suo immaginario. Qui venne considerata un tesoro nazionale, mentre in Inghilterra la sua figura non era molto riconosciuta. Sposatasi con il fotografo ungherese Chiki Weisz, ebbe con lui due figli, che operano nell’ambito della pittura e della letteratura.
Nella loro casa a Città del Messico, Leonora e la famiglia vissero in stretta relazione con due artiste e le loro famiglie: Remedios Varo e Kati Horna. La vita domestica, la maternità e l’arte erano vissute da loro come pratiche connesse. Si cucinavano pasti surrealisti e i luoghi classici dell’opressione femminile divennero spazi di gioco e creatività anche per le tre artiste.
Leonora ha supportato lo sviluppo del femminismo in Messico. Ha vissuto fino al 2011, all’età di novantaquattro anni, due anni di più di Marian, la protagonista del suo romanzo “Il cornetto acustico”. Chissà che sognare non aiuti davvero il corpo e la mente a vivere di più?
Era una donna giovane quando poté frequentare esponenti di vari movimenti artistici a Parigi, poco prima della fine di un’Europa piena di problemi politici e nello stesso tempo di forze innovative nel campo creativo.
Mi piace pensare che qualcosa di profondo e speciale che la caratterizzava abbia avuto in Parigi uno di quegli incontri rari con situazioni un po’ magiche, uniche, che possono liberare l’anima.
Leonora ha portato avanti il suo talento fino e oltre il Novecento, influenzando altri artisti. Un suo quadro è stato appena venduto per 22 milioni di sterline.
Nel libro di Leonora Carrington, “Il cornetto acustico” (1974), Marian, novantaduenne, viene portata dalla famiglia in una casa di riposo. Qui inizia un’assurda avventura: la ribellione alla coppia che dirige la casa di riposo, le danze notturne delle residenti, l’arrivo di un clima freddo gelido e di semi-divinità femminili.
Sono tanti i piani di lettura e coesistenti. Si tratta di un racconto fantastico o può essere visto come il sogno di una donna anziana che ha perso conoscenza e nell’immaginazione ritrova il suo potere? Si tratta di qualcosa di ancora diverso?
David Foster Wallace ne “La scopa del sistema” (1987) deve essersi ispirato ad aspetti di questo romanzo. Per il nome della protagonista, Lenore. E la figura della nonnina più che novantenne della protagonista, di cui porta lo stesso nome, e che fugge dalla casa di riposo.
Molti autori che hanno scritto a partire dal secondo dopoguerra sono stati influenzati dai movimenti artistici e letterari del primo dopoguerra. Il postmodernismo può essere facilmente associato a un movimento come il dadaismo.
Questo spostamento di energie è interessante, essendo legato anche all’impoverimento e alla perdita di potere culturale dell’Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale, in seguito alla quale i movimenti artistici hanno spesso avuto luogo a partire dagli Stati Uniti. Poter tracciare delle connessioni tra movimenti artistici di queste due diverse epoche, significa anche poter individuare legami tra luoghi e nazioni diversi. E per certi versi decostruire l’idea di nazionalità come legata a un certo tipo di arte o letteratura.
Il surrealismo, con la forza che ha avuto nel decentrare il ruolo del soggetto, spostando l’attenzione verso il mondo interno, un mondo che muta costantemente e rimane enigmatico, ineffabile, ha contribuito alla transizione della letteratura verso il relativo, il soggettivo, il marginale, il frammentario.
Parlando di surralismo si può poi menzionare il discorso di immagini allegoriche che rappresentano aspetti collettivi. E, rispetto a questo argomento, è interessante pensare che Leonora Carrington abbia portato un punto di vista di genere, del suo essere donna, rispetto all’immaginario e ai personaggi da lei creati.
Le personagge che Leonora ha creato non sono passive, come spesso erano le muse per i surralisti da lei incontrati a Parigi. Sicuramente anche l’autrice inglese Angela Carter si è lasciata ispirare dalla scrittura di Leonora Carrington e dalla sua libertà nell’immaginario.
Il libro “Notti al circo” (1984) di Angela Carter termina con una troupe di circensi arrivati in Siberia. Il loro treno viene fatto deragliare e i sopravvissuti si ritrovano senza istituzioni di riferimento, similmente a come avviene alla fine del romanzo “Il cornetto acustico”.
Nella mia newsletter, siamo alla terza autrice di origine irlandese, dopo Emily Brontë e Flannery O’Connor. Nell’articolo su Emily Brontë ho raccontato di come il suo romanzo “Cime tempestose” possa essere letto come espressione di una dimensione spirituale pagana.
Per Flannery O’Connor, tra le altre cose, ho presentato come l’autrice abbia raccontato il protestantesimo non solo in quanto religione senza il corpo di Cristo, ma come caratterizzata dall’assenza del corpo.
Leonora Carrington studiava e conosceva tante figure mitiche di culture diverse. L’immaginario cattolico deve averla influenzata, come gli altri che ha incontrato e di cui si è interessata nella sua vita.
L’immaginario cattolico è costruito sui precedenti immaginari pagani - la Madonna potrebbe essere vista come una versione delle divinità della fertilità. Mi sembra che la sensibilità di Leonora Carrington e il suo modo di fare arte l’abbiano resa vicina a una dimensione culturale non europea, non occidentale.
La vita di Leonora Carrington ha senza dubbio qualità che la possono renderla una figura eroica, quasi mitica: ragazza che rifiuta le origini e le prospettive del ricco contesto sociale di provenienza, musa che diventa pittrice a Parigi, la fuga dall’Europa in guerra, l’esperienza di prigionia nel manicomio, la fuga da questo e dall’Europa. La vita familiare non convenzionale in Messico, la pittura come pratica costante e generativa, la scrittura. Una vita di quasi un secolo intero.
Cosa rimarrà del suo transito terrestre, chiede un intervistatore a Franco Battiato - mi è capitato di vedere questa interazione originariamente televisiva, vista di recente su qualche social media. Il mio suono, risponde Battiato. Quello che ha scritto? Chiede l’intervistatore. Non necessariamente, risponde Battiato, il mio suono - ripete poi.
Credo che Leonora avrebbe voluto principalmente essere conosciuta, riconosciuta e ricordata attraverso l’esperienza emotiva e soggettiva di ciascuna persona con i quadri da lei creati.
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